02. Salvezza per la sola grazia di Dio

Il 2 novembre è alle porte. In tanti andranno a far visita alle tombe dei loro defunti, parleranno con loro e accarezzeranno le loro lapidi, sperando che il defunto possa ascoltare e ricevere quella loro amorevole carezza. Come ogni anno però, i parenti dei defunti torneranno nelle loro case, ma i corpi dei defunti rimarranno nelle tombe senza aver avuto la possibilità di ascoltare e ricevere l’affetto dei loro cari. Triste realtà, vero?

Ma quel che Paolo insegna in questi versi è una realtà di gran lunga più triste. Egli afferma che noi tutti siamo peccatori, e, almeno che non siamo stati già riuscitati dalla grazia di Dio in Cristo, siamo tutti dei morti spirituali che camminano, sordi alle parole della Scrittura e insensibili allo stesso amore di Dio che mai cessa di fluire dal Suo trono.

Più di ogni altro passaggio del Nuovo Testamento, questi primi 10 versi appena letti ci pongono davanti la centralità della salvezza per la sola grazia di Dio, la quale è un’opera assolutamente “monergista,” cioè unicamente divina, e trinitaria (e no sinergista Dio + le opere di un uomo morto).

In poche parole, la dottrina Romana sulla salvezza pone il peccatore su un binario morto la cui ultima fermata è l’inferno, non il paradiso. Perché? Perché essa afferma che Dio offre la Sua grazia a tutti, la mette li, davanti a noi, mentre noi viviamo come morti spirituali nelle bare di queste nostre vite senza Cristo. Si, Dio offre la grazia a tutti ma spetta a noi peccatori spiritualmente morti il fare la nostra parte per meritarcela sta benedetta salvezza finale! Per Roma la salvezza del peccatore non è più per grazia soltanto, ma per grazia divina più le opere meritorie del peccatore morto.

Purtroppo però, così come i nostri defunti che visitiamo il 2 novembre non possono ascoltarci né ricevere le nostre carezze, la Bibbia insegna chiaramente che nessun peccatore morto nei suoi falli e peccati ha la capacità in sé stesso di auto-risuscitarsi prima, credere e ricevere il vangelo di Cristo per grazia di Dio.

La grazia non è soltanto un favore immeritato che si ferma davanti alla nostra lapide, aspettando in vano che noi morti la riceviamo. La grazia divina è quell’immeritata bontà salvifica volta a cancellare il terribile giudizio che incombe sul peccatore, che, dal trono di Dio arriva fin dentro la nostra tomba per riportare noi peccatori dalla nostra inerte morte spirituale alla vita spirituale abbondante in Cristo.

Dunque, in tre punti oggi vediamo:

1. Perché abbiamo bisogno della grazia di Dio (vv.1-3)
2. Cosa c'è di così sorprendente nella grazia di Dio (vv. 4-9)
3. Quali sono le conseguenze della grazia di Dio (v.10)

Rev. Vincenzo Coluccia

Dopo aver lavorato per dieci anni nell’ambito dell’ingegneria strutturale, Vincenzo si è laureato in teologia presso il Westminster Seminary California. Ora è un ministro di culto ordinato presso la Chiesa Presbiteriana in America (PCA) incaricato dal Presbiterio della Costa Meridionale della California di fondare una chiesa presbiteriana nel capoluogo Salentino attraverso la Mission to the World (MTW), l'agenzia missionaria della PCA, per cui lavora insieme alla moglie Judit dal 2020. Attualmente, Vincenzo è pastore della Chiesa Presbiteriana di Lecce, città in cui vive assieme alla moglie Judit, la figlia Abigail e il figlio Samuel.

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