17. Io Sono il pane della vita
Subito dopo aver sfamato la folla con cinque pani e due pesci, Gesù si ritira per pregare sul colle mentre manda i suoi a precederlo in Capernaum, sulla riva nord del lago di Tiberiade. Li manda ad affrontare la tempesta. Ed è nella tempesta che Lui si presenta loro non come un altro profeta (un secondo Mosè o Elia) ma come l’Io Sono, YHWH nella carne, l’unico che, secondo le Scritture, può sedere sovrano sulle grandi e terribili acque dell’abisso.
La notte passa e diviene giorno. La folla si accorge che Gesù non è più li e lo raggiunge a Capernaum. Nel frattempo, Gesù e i suoi si recano nella Sinagoga, laddove, in tempo di Pasqua, vengono guarda caso letti Esodo 16, sulla manna caduta dal cielo, e Isaia 54, passaggio che parla dell’essere istruiti da Dio (v. 45). Dunque, i due segni appena compiuti dal Signore assieme alle due letture comandate dal lezionario ebraico preparano il terreno per il discorso sul “pane della vita” che ritroviamo nei versetti 26-65. Tale discorso è uno degli insegnamenti più significativi di tutto il Nuovo Testamento ma è anche tra i più duri ad esser accettati dalla folla, al punto che (v. 66) “molti dei suoi discepoli si tirarono indietro e non andarono più con lui”.
Nel riportare tali eventi l’intendo di Giovanni è quello di mostrarci che Gesù Cristo non è soltanto Colui che porta la vita, Egli È la vita stessa che nutre e sostiene il peccatore durante il suo pellegrinaggio nel deserto di questo mondo, essendo Lui il vero cibo disceso dal cielo.
Dunque, in questa prima parte del discorso sul "pane della vita" vediamo insieme:
1. La ricerca umana del cibo che sazia temporaneamente
2. La provvisione divina del cibo che sazia eternamente